"Un bambino, un insegnante, una penna e un libro possono cambiare il mondo"

Malala Yousafzai, ragazza afgana, anni 16 (Assemblea delle Nazioni Unite, 12 luglio 2013)

 

LA CLASSE COME POLIS PER UNA CITTADINANZA CONSAPEVOLE

Qui sotto il mio articolo sul tema. L'articolo è stato pubblicato sulla RIVISTA DELL'ISTRUZIONE, n.4/2016.  Ringrazio il Direttore Giancarlo Cerini per la concessione di pubblicarlo online. 

EDUCAZIONE ALLA CONVIVENZA CIVILE


La società non nasce in modo spontaneo. la polis deve essere costruita a partire dalla scuola. L'educazione civile deve passare attraverso il modo  con cui si incontrano i saperi,  il "fare insieme", la costruzione comune di "istituzioni" in grado di regolare il buon andamento della vita collettiva. Ne parlo in questo intervento che ho tenuto per LA TECNICA DELLA SCUOLA  e che potete ascoltare e  vedere al link qui sotto.

 

La scuola non è uno spazio privato ma la prima forma di società che incontra il bambino. Tuttavia lo spazio pubblico non è un luogo fisico ma  uno spazio mentale che deve essere costruito. Ne discuto nell'articolo qui sotto pubblicato sulla Rivista Cooperazione Educativa nel 2016. Un ringraziamento alla Rivista e alla sua Direttrice.

Per un’educazione civile

 La società non nasce in modo spontaneo. La polis deve essere costruita. Su cosa si può fondare la polis in Italia? Il nostro punto di partenza non può che essere la Carta costituzionale. Nella Costituzione della Repubblica italiana il fondamento della cittadinanza viene individuato nella forma del “patriottismo costituzionale”.  Il patto costituzionale  fonda una nuova convivenza sulla base di un comune senso di appartenenza. Questo patriottismo ha di per sé una carattere formale e procedurale e dunque, per avere sostanza, deve essere riempito di valori comuni. Di qui l'importanza di una “religione civile, di un “credo civico comune, sovra partitico e sovra confessionale” (Emilio Gentile), anche se in forma debole e democratica (ovvero, non il prodotto di una qualche forma di indottrinamento). Qui però iniziano le difficoltà e le contraddizioni. Le due principali culture politiche del dopoguerra provenivano da scuole estranee allo spirito nazionale.  La religione civile, per ciascuna di esse, si identificava con le ideologie di cui erano portatrici. Il compromesso costituzionale non produsse un patriottismo (v. mio articolo Convivenza civile e patriottismo). Oggi, anche i loro simboli si sono indeboliti o sono addirittura venuti meno.

Dunque, da noi il compito della scuola  è quantomeno arduo. Non si tratta solo di trasmettere alle nuove generazioni certi valori ma anche di contribuire a far rinascere quelli dimenticati per lasciarci finalmente alle spalle la triste stagione di degrado dell’etica pubblica di questi ultimi anni. Vasto programma, si potrebbe dire, anche perché tutti noi proveniamo da un’educazione e da una società  prive di una cultura della nazione e fortemente condizionate dalle appartenenze locali. Dobbiamo noi stessi provare a rileggere il nostro passato per cercare i germi positivi di una religione civile in grado di unire gli italiani, vecchi e nuovi, a partire dall’educazione a scuola.

Da dove iniziare? Ogni forma di patriottismo ha bisogno di incarnarsi in qualche cosa. Anche il patriottismo  ha bisogno di riti, feste e simboli. Ha bisogno pure di numi tutelari, di persone che sono o sono state esempi di virtù civica e repubblicana. In questa pagina, insieme ad alcuni testi di analisi e di riflessione storica utili a dare corpo al patriottismo costituzionale e a proposte pedagogiche,  presenterò alcuni di questi esempi. Non dobbiamo dimenticarci che la storia del repubblicanesimo comincia in Italia in epoca antica e prosegue con le libere repubbliche fra il Trecento e gli inizi del Cinquecento, anche se poi ha avuto un arresto che si prolunga fino al presente.  La mia è dunque inevitabilmente una scelta di parte. E’ inevitabile che sia così in un Paese in cui le diverse memorie hanno difficoltà a trovare un terreno comune e ogni argomento è tema di conflitti lunghi e laceranti. Cercherò comunque di formulare proposte argomentate e, soprattutto, lontane dai fanatismi di coloro che ritengono di essere portatori di verità definitive, laiche o religiose, sul terreno pubblico. Esse si ispirano a quegli italiani che cercarono di sottrarre il paradigma fondativo della Repubblica  alle ideologie dei partiti e delle diverse fazioni per restituirlo a tutti.  Dagli scritti dei fratelli Rosselli, di  Piero Calamandrei, di  Carlo Levi e Luigi Meneghello, solo per citarne alcuni, emerge una passione civile che mira a fondare uno spazio pubblico in cui tutti ci si possa realmente riconoscere come cittadini di un unico Stato al di là delle diverse appartenenze ideologiche, locali o religiose.  Il fatto che questa tradizione sia stata sconfitta nel secondo dopoguerra non significa che non abbia visto giusto, anche per l’Italia di oggi. La nuova realtà della società multietnica e multi religiosa che si sta affermando rende queste opzioni  sempre più credibili e realistiche al fine di progettare il nostro futuro. Il “non realismo” di un tempo è stato profetico e oggi  è forse più realistico degli opportunismi che hanno la vista corta e guardano agli interessi immediati.  Il punto di partenza inevitabile di questo percorso è l’analisi della situazione attuale. E’ un passo doloroso ma necessario, un esercizio di verità e non di deprecabile autocommiserazione.  Giacomo Leopardi aveva scritto a questo proposito  parole di scottante attualità: “Per risvegliarci  come nazione dobbiamo vergognarci del nostro stato presente. Rinnovellar tutto, autocriticarci. Ammemorare le nostre glorie passate è stimolo alla virtù, ma mentire e fingere le presenti, è conforto all’ignavia e argomento di rimanersi contenti in questa vilissima condizione”. A questo tema dedicherò il primo contributo (Convivenza civile e patriottismo), una premessa a tutti i discorsi successivi.  Quelli che seguiranno mi auguro potranno essere utili agli insegnanti e, in qualche caso, anche direttamente agli studenti, per riuscire a farsi un’idea della strada da percorrere verso un patto comune di convivenza, a iniziare dalla scuola. E’ questa la premessa per un compito ulteriore e ancor più impegnativo della scuola: far comprendere la necessità della partecipazione alla cosa pubblica, la legittimità democratica delle leggi della Repubblica, la loro formazione,  la necessità di rispettarle e farle rispettare nell’interesse di tutta la collettività.

 

Johann Heinrich Pestalozzi, LA LETTERA DI STANS.

Questo scritto  è il miglior esempio di una pratica pedagogica che coniuga attenzione alle persone e necessità di limitare le pulsioni individuali al fine di   di costruire il "vivere insieme".

 

FRANCESCO DE SANCTIS E IL FONDAMENTO MORALE DELLA POLITICA

Qui sotto il link a un articolo de "Il  Nuovo Monitore Napoletano" in cui si ricorda  la concezione politica di Francesco De Sanctis. Si scrive, tra l'altro:  "Secondo Francesco De Sanctis, non era possibile scindere la questione politica dall’educazione e dall’istruzione, ma, essendo un politico, teneva a precisare che la politica doveva avere sempre un fondamento morale, etico, ponendo l’accento sul totale e complesso disinteresse personale di tutti coloro che accettavano di partecipare alla vita pubblica. In tal senso il De Sanctis scrisse tantissimo, partendo dal monito di Massimo D’Azeglio, che, fatta l’Italia, si dovevano fare gli Italiani tramite l’istruzione, l’educazione e l’interiorizzazione della valenza etica e morale della politica"

Edouard  Claparède, psicologo e pedagogista, autore di Morale et politique ou les vacances de la probité (1940). Secondo Claparède, dalla probità, che è la fedeltà ai propri principi,  discendono una serie di regole pratiche  a cui bisognerebbe attenersi nella vita pubblica: principio di non infallibilità, di non realismo, di non opportunismo, di imparzialità, di equità, di fermezza, di informazione completa, dell’internazionalità della morale civile. Queste regole si ispirano alla necessità di coerenza tra pensiero ed azione, tra il dire e il fare, e garantiscono la continuità della vita di una collettività.

 

Educare alla cittadinanza … sì, ma quale?

In molte scuole italiane ci si interroga giustamente sul senso di un’educazione civile e alla cittadinanza delle nuove generazioni.  Gli insegnanti  e i dirigenti si rendono conto di quanto sia importante il loro ruolo nell’educazione all’autonomia, al rispetto delle regole comuni anche in vista della futura partecipazione alla vita sociale. In questo periodo di profonde trasformazioni della società si tratta di un impegno importante per la scuola e collegato a quello degli apprendimenti disciplinari.  Perché le buone intenzioni possano concretizzarsi in realtà è necessario indagare  meglio il  contesto in cui si colloca questo aspetto dell’educazione, le sue finalità e le possibili pratiche. Ad esempio, è così chiaro a quale tipo di cittadino dovrebbe far riferimento la scuola quando pensa un percorso di educazione alla cittadinanza e alla convivenza civile? C’è un indirizzo esplicito  a livello istituzionale a  cui far riferimento? E se sì, quale? Di conseguenza, come dovrebbero comportarsi gli insegnanti? Al fine di offrire qualche elemento di analisi in più a insegnanti ed educatori, nell'articolo qui sotto cerco  di offrire qualche parziale risposta a queste domande.

Convivenza  civile ed argomentazione razionale.

In questa poesia Jorge Luis Borges  descrive la nascita dell’arte del ragionamento, la filosofia.  I primi mirabili esempi sono i dialoghi di Platone, che non sono banali conversazioni ma la testimonianza scritta dello svolgersi di un’argomentazione razionale. 

 “Due greci stanno conversando: forse Socrate e Parmenide.

Conviene che non si sappiano mai i loro nomi;

la storia sarà così più misteriosa e tranquilla.

Il tema del dialogo è astratto, talvolta alludono

a miti nei quali entrambi non credono.

Le ragioni che adducono possono abbondare in errori

e non hanno uno scopo.

Non polemizzano. E non vogliono né persuadere né essere persuasi

Non pensano né a vincere né a perdere.

Sono d’accordo su una sola cosa;

sanno che la discussione è la non impossibile via

per giungere a una verità.

Liberi dal mito e dalla metafora, pensano o cercano di pensare.

Non sapremo mai i loro nomi

Questa conversazione tra due sconosciuti

in un luogo della Grecia è il fatto capitale della storia.

Hanno dimenticato la preghiera e la magia.”

Jorge Luis Borges, Il principio, 1984.

Qui sotto una mia riflessione sul ruolo della scuola come luogo dell’apprendimento del dialogo sulla base di argomentazioni razionali   nel rifiuto della prevaricazione e della violenza:

CONVIVENZA CIVILE E PATRIOTTISMO

La cittadinanza non si colloca nel vuoto ma si fonda su “valori” comuni.  Quali valori comuni tra gli italiani di oggi? Qualche riflessione storica e di attualità per orientarci:

COSTRUIRE LA SCUOLA COME SPAZIO PUBBLICO

Nell'articolo che segue non mi occupo  dell’educazione civile come contenuto di insegnamento. Mi concentro piuttosto sul clima generale delle attività, sulla loro organizzazione,  e su come tutto ciò possa  condizionare la formazione di un senso del collettivo a scuola e nella classe.  Lo spirito civico non è determinato da un contenuto. E’ un habitus, frutto di uno schema mentale operativo che si costituisce nel tempo grazie a pratiche organizzate a partire dall’approccio agli oggetti di apprendimento.

Articolo pubblicato in Educazione Aperta - Rivista di pedagogia critica, n.1/2017

IMPARARE A VIVERE INSIEME IN DEMOCRAZIA

Come può la scuola contribuire alla costruzione di uno spazio pubblico?  In questo articolo pubblicato su “Cooperazione educativa” (n.2/2015)  affronto il tema  a partire dalle recenti esplosioni di violenza in Europa che rischiano di mettere in discussione una civile convivenza faticosamente conquistata.  Prendo in considerazione due vie parallele:   far prevalere  a scuola l’argomentazione razionale sulla legge del più forte attraverso una specifica organizzazione degli apprendimenti  e promuovere al contempo spazi di partecipazione democratica. Il nostro patrimonio pedagogico ci offre utili esempi in proposito.


EDUCAZIONE ALLA CONVIVENZA CIVILE

In questa presentazione  trovate una sintesi  dei principali problemi dell’educazione alla convivenza civile nella scuola. Di essi  mi sono occupato in forma discorsiva nei documenti precedenti. Concludo con  qualche accenno al problema delle competenze sociali e civiche  (v. Quadro di riferimento europeo) e alla loro valutazione.

 
 

PIERO CALAMANDREI

 

PIERO CALAMANDREI

Piero Calamandrei è la figura che forse meglio ha rappresentato in Italia  un’idea di “religione civile” ispirata ai valori della Costituzione repubblicana. Il primo testo che segue è un discorso sulla Costituzione rivolto ad un gruppo di studenti nel 1955.  Calamandrei fa rivivere lo spirito autentico della Costituzione al di là della sua riduzione a mere norme procedurali. Il testo seguente è quello di un discorso  sulla scuola tenuto da  Piero Calamandrei all’Associazione per la scuola nazionale tenuto nel 1950.   Si tratta di un testo fondamentale a proposito di “scuola pubblica” e del suo ruolo. Calamandrei ricorda come la scuola pubblica sia  “un organo costituzionale”, dunque un’Istituzione della Repubblica, verità oggi dimenticata da molti . Affronta anche i rischi che può correre  la scuola pubblica e il ruolo delle scuole private secondo la Costituzione repubblicana.

CITTADINANZA

Un mio articolo sulla cittadinanza pubblicato  nel numero monografico (4/5  del 2014) di “Infanzia” dedicato a questo tema.

UNA PATRIA CIVILE PER  NUOVI  E VECCHI ITALIANI

In questa intervista lo storico Giovanni De Luna parla della necessità di ricostruire un’identità  degli italiani contro  la montante “religione incivile” dei populismi e le demagogie antirisorgimentali. L’assenza di una religione civile è anche responsabilità di una classe dirigente che negli ultimi venti anni non ha costruito nessuna etica civile.

Luigi Meneghello, Fiori italiani con un mazzo di nuovi Fiori raccolti negli anni Settanta, introduzione di Tullio De Mauro, Milano, Rizzoli, 2007.

“Che cos’è un’educazione?” L’incipit di questo saggio autobiografico di Luigi Meneghello ne annuncia in modo icastico il contenuto. Meneghello ammette di essere in grado di dare una risposta soltanto in negativo (“che cos’è una diseducazione”). Lo scrittore ricostruisce le tappe della carriera scolastica di S., suo alter ego. Dalla scuola primaria fino all’Università, S. è immerso in una cultura scolastica conformista, astratta, lontana dalla vita, la normalità durante il ventennio fascista ( e in molti casi purtroppo  anche oltre). In questo panorama conformista e da doppia morale (si deve imparare il sapere scolastico ben sapendo che non è sapere) accade qualcosa di inaspettato:  l’incontro con un vero maestro,  che segna nel protagonista una svolta nelle scelte culturali e nell’ impegno politico. Il seguito dell’esperienza  si trova  in Maestri italiani, il racconto autobiografico  della sua partecipazione alla Resistenza (uno dei migliori libri sulla resistenza, anche perché autenticamente umano, né celebrativo né denigratorio, come  purtroppo  è  spesso accaduto in Italia sul tema della Resistenza, ancor oggi controverso).

EDOUARD CLAPAREDE, MORALE E POLITICA

Nel 1939, alla vigilia della guerra che avrebbe stravolto l’Europa, Edouard Claparède, psicologo ed educatore,  tenne a Ginevra una  conferenza su morale e politica  su iniziativa degli Amici del Pensiero Protestante. Claparède riprese successivamente i temi trattati durante l’incontro e scrisse il volume “Morale et politique”. Il libro fu pubblicato solo nel 1946, dopo la morte di Claparède e dopo che fu tolta la censura  che l’aveva colpito. Il libro inizia con una frase che, mutatis mutandis,  potrebbe essere sottoscritta anche oggi: “La questione della morale e della politica è di crudele attualità…. Gli avvenimenti a cui assistiamo da qualche anno mettono in luce, come attraverso un’enorme lente, alcune abdicazioni della morale accompagnate da  non meno strane abdicazioni intellettuali”.  Il testo è molto importante perché concorre a definire le regole del gioco della dialettica democratica che rifugge dall’uso della forza e della violenza. Qui sotto  una presentazione del volume:

A questo indirizzo è possibile scaricare la versione integrale del volume in lingua originale (francese):

 

UN PROGRAMMA URGENTE: COSTRUIRE IL SENSO DEL  COLLETTIVO A SCUOLA

Al link qui sotto potete leggere un articolo di Philippe Meirieu scritto  su Le Café pédagogique dopo il grave attentato di Parigi del gennaio 2015. Meirieu  si interroga qui sul ruolo della scuola nel favorire la costruzione il senso della responsabilità nei confronti degli altri.  E’ necessario operare concretamente in vista di  collettivi che sappiano  offrire a tutti uno spazio e un riconoscimento evitando l’esclusione. E’ nell’interazione permanente tra “ciò che si può fare insieme”  e  ”ciò che ciascuno vuol fare” che, secondo Meirieu,  si costruisce, anche se in modo spesso laborioso lungo (ma quale vera azione educativa non lo è?), un futuro comune.

 

LA RINASCITA MORALE E CIVILE SECONDO  MAURIZIO VIROLI

Maurizio Viroli, Professore di Teoria politica all’Università di Princeton,  interviene ad Alba  nell’ottobre 2015 invito di un  gruppo di giovani (gruppo Livingstone) . Secondo Viroli, l’esistenza di una collettività è determinata dalla condivisione di valori comuni, da “virtù civiche”.  Anche nella storia d’Italia non mancano esempi importanti di uomini dotati di virtù civiche che hanno seguito i  dettami della loro coscienze spesso contro i loro stessi interessi materiali. L’Italia può dunque riprendersi e ciò dipende anche da noi. Di qui il ruolo importante dell’educazione e della scuola: “Noi che siamo nelle scuole – conclude Viroli –  abbiamo il dovere di provare”.